Ormai l’addio di Luciano Spalletti alla panchina azzurra assomiglia a una telenovela sudamericana: ogni giorno un colpo di scena che rimescola le carte
Ormai l’addio di Luciano Spalletti alla panchina azzurra assomiglia a una telenovela sudamericana: ogni giorno un colpo di scena che rimescola le carte. A dispetto della stoccata durante la comparsata al concerto di Gigi D’Alessio in Piazza Plebiscito, “restare a Napoli è un privilegio, non un obbligo”, De Laurentiis non si è ancora arreso all’idea di dover rinunciare al tecnico di Certaldo, quindi non solo non molla ma rilancia: altri due anni di contratto a più di 4 milioni di ingaggio per convincere Spalletti a fare dietrofront e restare sulla panchina azzurra gettandosi così alle spalle le ruggini ed eventuali screzi come il mancato rinnovo durante la sosta, la Pec per il prolungamento e l’obiettivo della vittoria della Champions strombazzato da De Laurentiis ai quattro venti. Impresa, però, destinata al fallimento visto che Spalletti non ne fa una questione di soldi ma di rapporto personale con il patron azzurro a cui da tempo ha deciso di non prestare più ascolto.
Dunque il tecnico toscano è irremovibile tanto da aver già comunicato alla squadra, prima del match contro l’Inter, la sua decisione di levare le tende. Ma, allora, chi al suo posto? Oltre agli emergenti Thiago Motta, conteso anche dal PSG, e Vincenzo Italiano, e l’outsider Sergio Conceicao, il nome caldo è quello di Luis Enrique con il quale c’è già stato un contatto telefonico per un giro d’orizzonte, con l’ex Commissario tecnico della Spagna che avrebbe chiesto la riconferma di Kvara e Osimhen che dovrebbe disertare la sfida di domani al Dall’Ara contro il Bologna, con al suo posto Raspadori.