Da zavorra a locomotiva del Paese: il Meridione ha innestato la marcia dopo lo scoppio della pandemia di Covid-19. Infatti, su 474.000 nuovi lavoratori, tra il primo trimestre del 2019 e lo stesso periodo del 2023, 262.000 (il 55,3% del totale), risiedono al Sud
Da zavorra a locomotiva del Paese: il Meridione ha innestato la marcia dopo lo scoppio della pandemia di Covid-19. Infatti, su 474.000 nuovi lavoratori, tra il primo trimestre del 2019 e lo stesso periodo del 2023, 262.000 (il 55,3% del totale), risiedono al Sud. Il tasso di crescita dell’occupazione nel Mezzogiorno “è stato del 4,4%, più che doppio rispetto al resto del Paese”: è la fotografia scattata, elaborando dati Istat, dalla Fondazione Studi dei consulenti del lavoro che evidenzia anche come il boom dei contratti lavorativi attivati nell’area meridionale dopo la pandemia abbia riguardato in un primo momento il comparto edile, verosimilmente grazie agli incentivi fiscali per la ristrutturazione degli edifici, mentre nell’ultimo anno, in conseguenza del drastico calo dei contagi da Covid, ha privilegiato il turismo. La ‘parte del leone’ l’ha fatta la Puglia dove dal primo trimestre del 2019 a quello dell’anno in corso si sono registrati 100.000 addetti in più, con “un aumento netto dell’8,6%”.
Cresce ma meno rispetto al resto del Sud la Campania che con +1.7% non ha fatto segnare significativi passi avanti. Disaggregando i dati, si evince che l’incremento occupazionale ha riguardato indistintamente uomini e donne e ha avvantaggiato sia i giovani sia gli adulti: nella fascia 15-34 anni si sono registrati 70.000 addetti in più (+5,5%), a beneficio, però, della sola componente maschile, mentre più marcato è stato l’aumento per i lavoratori fra i 55 e i 64 anni (14,8%). Le motivazioni –secondo i ricercatori della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro – vanno ricercate “nella contrazione occupazionale delle fasce anagrafiche centrali e nel loro calo demografico (-11,7%) che ha dirottato le imprese verso l’offerta più disponibile”.